Festa grande all’Olimpico. La solita vecchia Roma di Mourinho, incapace di proporre calcio spettacolo ma spesso solida e ordinata, è riuscita a ricominciare con il piede giusto: con una vittoria che permette l’aggancio alla Lazio e ridà slancio alle ambizioni Champions del club. Un nuovo successo firmato, nemmeno a farlo apposta, da Paulo Dybala. L’argentino si è procurato il rigore decisivo dopo pochi minuti e ha avuto anche la freddezza di lasciarlo calciare al suo capitano, decretando il successo della Roma. Un autentico trascinatore per questa squadra. Paradossalmente, però, anche il suo più grande limite.
Che la società guidata dai Friedkin avesse in estate puntato tutte le sue fiches, o quasi, sul campione in uscita dalla Juventus, appare evidente. Per questa Roma, che pure secondo molti partiva con ambizioni da scudetto, un giocatore del genere, per il suo talento cristallino, è quasi sovradimensionato.
La Joya aveva però accettato volentieri di diventare il perno del progetto e, con un paio di altri colpi importanti, sembrava dover diventare l’alfiere di una squadra finalmente pronta al salto di qualità. Ma le ambizioni del gruppo di Mourinho si sono presto scontrate con la dura realtà. Perché Dybala è sì Joya, ma anche “dolor”, come confermato dai numeri.
Affibbiare a un calciatore come Dybala l’etichetta di problema o di limite appare quantomeno inopportuno. Se c’è un giocatore, infatti, che in questa Roma ha dimostrato di poter determinare molto, al punto da regalare moltissime vittorie quando è stato presente, è proprio Dybala. Ma è questo il punto: a trasformarlo in problema è il fatto che sia lui il fattore decisivo della squadra.
Una squadra con vere e grandi ambizioni non può certo dipendere da un solo giocatore. Eppure, i numeri confermano che esiste una Roma con e una Roma senza Dybala: la prima ha conquistato 2,3 punti a partita e sarebbe, in pratica, appaiata al Napoli; la seconda solo 1,16, e a stento riuscirebbe a venir fuori dalle sabbie mobili della zona retrocessine.
Un divario troppo netto per poter essere ritenuto accettabile. E, spiace dirlo, anche ampiamente prevedibile. Che Dybala non fosse infatti un calciatore dalla muscolatura di marmo lo si sapeva già da diversi anni. La scelta di scommettere quasi tutto su di lui, quindi, è stata decisamente azzardata.
L’ignoranza vera di affidarsi solo al fato e al destino non potrà mai pagare, specialmente se le altre “garanzie” della squadra si chiamano Gini Wijnaldum (over 30), Zaniolo (l’incostanza fatta giocatore), Tammy Abraham (attaccante vero o brutta copia di un bomber?) o capitan Pellegrini (buoni piedi e poco più).
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