La telenovela è terminata, e con un contratto a molti zeri: Cristiano Ronaldo è un nuovo giocatore dell’Al Nassr. Oltre 150 milioni di petroldollari a stagione, un contratto fino al 2025 da calciatore, poi uno da ambasciatore. Numeri astronomici per convincere il portoghese a regalarsi un finale di carriera leggero in un torneo tanto ricco quanto poco competitivo. Decisione corretta e ponderata o unica scelta possibile? Dal di fuori è difficile dare una risposta esatta, ma forse le parole giuste per commentare quanto accaduto a CR7 negli ultimi tempi le ha spese un fuoriclasse che ha vissuto situazioni simili nei suoi ultimi mesi di carriera: Francesco Totti.
Fuori dai denti, bisogna dire che tra l’ex 10 della Roma e l’asso portoghese di punti di contatto, al di là di colpi straordinari e di un talento con pochi eguali, ce ne sono pochi. Uno ha rifiutato offerte multimilionarie per restare fedele alla propria maglia del cuore, l’altro ha cambiato più volte casacca, abiurando ai propri valori, spesso rinnegando anche scelte fatte, come quel triennio più agro che dolce a Torino.
Ad accomunarli per davvero, forse, quell’autostima tanto grande da portarli a non comprendere fino in fondo quale sia stata la loro dimensione negli ultimi scampoli di carriera. Una carriera chiusa in maniera traumatica, per Totti, ancora invece in piedi, per CR7, ripudiato però negli ultimi tempi dal calcio europeo, e costretto a trovare consolazione tra le braccia accoglienti dei principi arabi e dei loro ricchi portafogli.
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Se solo un anno fa avessimo dovuto fare un pronostico sul finale di carriera di Cristiano Ronaldo, quasi nessuno avrebbe puntato su un contratto all’Al Nassr a ‘soli’ 37 anni, subito dopo il Mondiale in Qatar, peraltro vinto dal suo quasi coetaneo e rivale di sempre, Leo Messi. Eppure, l’ultimo anno e mezzo per CR7 è stato un vero tormento. Lo avevamo lasciato micidiale e decisivo a Torino, lo abbiamo ritrovato viziato e confuso a Manchester. Nessuno poteva prevedere ciò che è accaduto, ma forse questo epilogo era ormai inevitabile.
Se la sua decisione può però sembrare assurda, anche vigliacca, troppo comoda, senza alcuna volontà di rimettersi in gioco, spinti da una sete di denaro e da un’idea di sé talmente superiore da portare a preferire il profumo dei dollari a quello del campo, c’è chi, come Totti, punta il dito su ciò che più conta: il rispetto che si deve a un campione, alla carriera fatta, ha ciò che ha avuto ma che ha anche dato. Perché dal di fuori, dare giudizi sommari è troppo semplice, e spesso certe situazioni sono molto più complesse di come appaiono.
Insomma, ancora una volta il Totti più maturo di quest’epoca sembra mostrare un equilibrio che da giovane, nel corso della sua carriera, raramente aveva dimostrato. Eppure, resta la sensazione che paragonare il suo epilogo a quello di Ronaldo sia chiaramente sbagliato. Se Francesco, ormai non più in grado di fare davvero la differenza, se non in quegli scampoli che Spalletti gli concedeva, aveva necessità di porre fine alla sua carriera per non diventare un peso per la sua amata Roma, Cristiano ha scelto di difendere i suoi interessi ‘macchiando’ il proprio curriculum.
Sicuramente in Europa nessuno avrebbe accettato di dargli il contratto che chiedeva, ma se davvero avesse voluto dimostrare ancora di essere CR7, avrebbe potuto ripartire da una formazione meno competitiva, ma abbastanza ambiziosa da scommettere su di lui. Siamo certi che, con uno spirito diverso da parte sua, in tanti si sarebbero fatti avanti per lui. Così non è stato. E allora non resta che augurargli di infrangere tanti altri record in Champions, seppur ‘solo’ in quella d’Asia.
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